Vitamina D: è utile nell’atleta?

Il termine vitamina D si riferisce a due secosteroidi, identici dal punto di vista funzionale, che si comportano come pro-ormoni e influenzano il metabolismo minerale, la vitamina D2 e D3. Vediamo i dettagli.

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Cerchiamo di rispondere subito alla domanda se la vitamina d nell’atleta è utile ma prima vediamo cos’è la vitamina d. Il termine vitamina D si riferisce a due secosteroidi, identici dal punto di vista funzionale, che si comportano come pro-ormoni e influenzano il metabolismo minerale (figura 1) 1,2,3:

  • la vitamina D2 (ergocalciferolo) che è prodotta per irradiazione ultravioletta dell’ergosterolo presente nei tessuti vegetali e viene quindi assunta con la dieta;
  • la vitamina D3 (colecalciferolo) che è prodotta nella cute per irradiazione ultravioletta del 7 deidrocolesterolo.

Essendo entrambe pro-ormoni,  le due forme sono inattive fino a quando subiscono una doppia idrossilazione (Figura 1).

A livello epatico,tramite una 25-idrossilasi, si forma la  25 idrossi-vitamina D (25 [OH]D). Successivamente, nel tubulo renale,  avviene la seconda idrossilazione  (catalizzata dall’enzima 1 α idrossilasi), che porta alla sintesi dell’ormone biologicamente attivo o calcitriolo (1,25 diidrossi-vitamina D o 1,25(OH)2 -D). La forma più rappresentata a livello circolatorio è la  25 idrossi-vitamina D che, nel plasma, è legata ad una particolare alfa 1 globulina detta DBP (vitamin D binding protein) per l’85% e all’albumina per il 15% . 25 [OH]D è il miglior marker disponibile per determinare i livelli di vitamina D.  La sua emivita è di circa 20 giorni e la sua concentrazione sierica è compresa tra 10 e 50 ng/ml (25-125 ng/ml).

Secondo le ultime indicazioni ministeriali (marzo 2018), la massima dose giornaliera consentita di vitamina D è pari a 50 mcg4.

E’ compito del nutrizionista sportivo accertarsi, prima di introdurre la supplementazione con vitamina D3 , che l’atleta sia effettivamente in uno stato carenziale.

Numerosi fattori, infatti, possono contribuire all’instaurarsi di un’ipovitaminosi D; possiamo ricordare, ad esempio, il possibile ruolo di : differenze nell’alimentazione, esposizione al sole, tipo di abbigliamento, esposizione al sole e stile di vita5

metabolismo vitamina D
Figura 1: il metabolismo della vitamina D 

Ruoli della vitamina D negli atleti

  • Riparazione e rimodellamento muscolare

Lo scopo dell’allenamento è fornire al corpo uno stimolo che interrompe l’omeostasi e fornisce una risposta adattativa in grado di migliorare la performance nel tempo3.

Pertanto massimizzare lo stimolo allenante risulta essere l’obiettivo principale di ogni atleta. Studi su modelli animali e in vitro hanno recentemente suggerito un ruolo della vitamina D nella riparazione e nel rimodellamento muscolare.

Tali evidenze sarebbero state inoltre confermate da alcuni lavori in vivo6-8. E’ pleonastico ribadire quanto questi nuovi dati incrementerebbero l’importanza della vitamina D nel miglioramento prestativo dell’atleta.

  • Immunità innata e adattativa

La sintesi del calcitriolo a livello renale è strettamente regolata dall’ormone paratiroideo (PTH). Il calcitriolo inoltre influenza l’espressione di numerosi geni tramite il legame con il recettore nucleare della vitamina D (nuclear vitamin D receptor). Anche la placenta umana esprime tutti i componenti necessari per il signalling correlato alla vitamina D, incluso VDR3.

Il ruolo notoriamente attribuito a 1,25(OH)2–D è la regolazione dell’omeostasi sierica di calcio e fosforo.

Tuttavia, la presenza di recettori per la vitamina D è stata documentata anche in tessuti non direttamente implicati nel metabolismo fosfo-calcico; questo suggerisce che il calcitriolo potrebbe avere anche importanti ruoli extra ossei (Figura 2 )9-10.

ruolo della vitamina d
Figura 2: possibile ruolo della vitamina D nell’immunità adattativa

Inoltre i cosiddetti vitamin D responsive elements (VDREs) sono presenti in numerosi geni umani coinvolti nella differenziazione e proliferazione cellulare. Sono in pieno svolgimento studi inerenti al potenziale ruolo della vitamina D nella terapia del cancro11 e delle malattie autoimmuni, incluso in diabete di tipo 112, 13.

Il calcitriolo potrebbe inoltre avere effetti sulla sintesi, la secrezione e l’azione dell’insulina14 15; sono infatti in corso studi sia d’intervento che osservazionali sul ruolo della vitamina D nel diabete mellito di tipo 216, 17.

  • Funzione cardiovascolare

Come il muscolo scheletrico, così anche il muscolo cardiaco possiede i recettori per la vitamina D (Vitamin D Receptors)18-19. Modelli murini hanno dimostrato che nei ratti carenti di vitamina D erano presenti miofibrille più piccole a livello ventricolare e la matrice extracellulare era più rappresentata rispetto ai ratti con normali livelli sierici di vitamina D. Nella popolazione generale sisterebbe infatti una correlazione tra l’ipovitaminosi D e un aumentato rischio di eventi cardiovascolari20.

Gli atleti professionisti si sottopongono quasi quotidianamente ad allenamenti ad elevata intensità  e, dal punto di vista cardiologico, vanno incontro a numerose modificazioni strutturali ed elettrocardiografiche21. Tali adattamenti migliorano il riempimento diastolico e facilitano il miglioramento della gittata sistolica, fondamentale nella prestazione atletica. Questi adattamenti vengono definiti nel complesso “cuore d’atleta”.

Esistono tuttavia numerosi fattori (illustrati in figura 33 che possono influenzare i meccanismi adattativi cardiaci del professionista.

adattamento cardiovascolare esercizio
Figura 3: Influenza dei fattori demografici (in blu) e patologici (in rosso) sull’adattamento cardiovascolare all’esercizio fisico.

Nonostante alcune evidenze in merito ad una possibile relazione tra ipovitaminosi D e funzionalità cardiaca, solo pochi studi hanno preso in esame l’associazione tra livelli sierici di 25OH Vitamina D e la struttura cardiaca22-23.

Un lavoro del 201524 ha dimostrato  che alcuni parametri morfologici cardiaci (radice aortica, diametrie ventricolari sinistre, diametro del setto intraventricolare, volume diastolico e diastolico del ventricolo sinistro) risultavano significativamente ridotti negli atleti che presentavano deficit di vitamina D.

Il meccanismo preciso sotteso alla mancanza di ipertrofia cardiaca negli atleti carenti di vitamina D, tuttavia, non è ancora chiaro.

  • Ossa e rischio fratturativo

Esistono in letteratura migliaia di articoli sulla vitamina D e il metabolismo osseo.

La vitamina D rappresenta un indice di mineralizzazione ossea e del livelli di assorbimento di calcio25.

E’ ormai acclarato che il tessuto osseo sia un tessuto metabolicamente attivo, sottoposto a continui rimodellamenti di tipo biochimico e meccanico26.

Una bassa densità minerale ossea (Bone Mineral Density, BMD) è inoltre notoriamente correlata ad un più elevato rischio fratturativo 27-30.

Un’adeguata supplementazione di vitamina D è pertanto fondamentale in caso di carenza a tutte le età, soprattutto negli atleti over 50 ed in particolare nelle donne in menopausa.

Alcuni lavori mostrano infatti come la riduzione dei recettori estrogenici conseguente al decremento pre climaterico dei livelli di estrogeni,riduca l’adattamento dell’osso al rimodellamento meccanico esponendo maggiormente la donna ad un aumentato rischio di fratture (la frattura di Colles o frattura dell’estremo distale del radio, solo per citare l’esempio più comune).


Conclusione

La vitamina D, oltre al suo noto ruolo nel metabolismo osseo, sortisce numerosi effetti ancillari extra-scheletrici.

Essa, infatti, non contribuisce solo al mantenimento dell’omeostasi ossea,  ma è anche coinvolta nel metabolismo elettrolitico, nella sintesi proteica, nell’espressione genica e nella regolazione del sistema immunitario9-10, 32-33,.

L’implicazione in tutti i processi sopraelencati rende tale pro-ormone fondamentale per la vita della popolazione generale e, a maggior ragione, per l’atleta agonista o amatoriale. Pertanto, nonostante l’esiguità dei dati presenti in letteratura sulla relazione tra supplementazione con vitamina D e miglioramento della performance, prevenire l’ipovitaminosi D dovrebbe essere uno degli obiettivi di ogni medico o nutrizionista che abbia in carico soggetti sportivi (un possibile algoritmo decisionale, elaborato dal gruppo di Owens è riportato in figura 43).

Esistono anche dei dati sul possibile ruolo della vitamina D nella prevenzione di alcune patologie acute e croniche quali: neoplasie 11, diabete mellito di tipo 112, 13 , di tipo 216, 17 e alcune malattie infettive34.

Lo screening annuale dei livelli sierici di vitamina D dovrebbe essere eseguito annualmente in tutti gli sportivi, soprattutto nelle popolazioni a maggior rischio carenziale, come per esempio:

  • atleti over 50 (soprattutto nelle sportive in menopausa)
  • atleti con anamnesi positiva per fratture ossee o lesioni mucolo-tendinee
  • atleti che si allenano prevalentemente in spazi chiusi o nelle ore più buie della giornata (primo mattino, tardo pomeriggio o tarda serata a seconda della stagione).
Figura 4: esempio di algoritmo decisionale per la supplementazione di vitamina D negli atleti (di Owens et .al)

Libri consigliati

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Bibliografia

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