Sindrome della bandelletta ileotibiale

La sindrome della bandelletta ileotibiale è una sindrome da sovraccarico che si presenta come dolore laterale di ginocchio che viene esacerbato dall'attività sportiva. Affligge comunemente i ciclisti agonisti. le reclute militari e gli atleti di resistenza

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La sindrome della bandelletta ileotibiale (ITP FS) è una sindrome da sovraccarico che si presenta come dolore laterale di ginocchio che viene esacerbato dall’attività sportiva. Affligge comunemente i ciclisti agonisti. le reclute militari e gli atleti di resistenza.  L’incidenza nei runner va dal 1,6% al 12% mentre nei ciclisti rappresenta il 15%-24% di tutte le patologie da sovraccarico che si possono incontrare. Rappresenta quindi una problematica da non sottovalutare e che può incidere per molto tempo nella preparazione fisica di un atleta.


Anatomia della bandelletta ileotibiale

Tradizionalmente, la sindrome della bandelletta ileotibiale era considerata come il risultato di una frizione tra la bandelletta ileotibiale (ITB) e l’epicondilo laterale del femore, soprattutto durante quel movimento di estensione da a 0° a 20° e nella flessione da 20 a 90°. Questa frizione si pensava causasse un’infiammazione locale e l’irritazione della borsa che si trova tra il tendine e l’epicondilo femorale laterale. Gli studi degli ultimi anni, però, hanno messo in dubbio e negato questa teoria. Mentre sia all’ecografia che alla risonanza magnetica è possibile visualizzare un ispessimento della bandelletta a livello del condilo laterale femorale e un accumulo di fluidi, molti studi negano la presenza di una borsa. Sembra infatti sia invece presente un corpo adiposo altamente innervato e vascolarizzato che divide la bandelletta dall’epicondilo.

Inoltre, le fibre della bandelletta ileotibiale, oltre a inserirsi come sappiamo lateralmente alla tibia sul tubercolo di Gerdy, con alcune fibre si inserisce anche a livello del femore, sull’epicondilo laterale, e con altre sulla fibula. Questo probabilmente nega la teoria della frizione ma ci conferma il ruolo della bandelletta nella stabilità laterale di ginocchio.

Bandelletta ileotibiale ed il suo decorso.

Caratteristiche cliniche della sindrome da bandelletta

Un atleta che soffre della sindrome della bandelletta ileo-tibiale lamenta dolore sull’aspetto laterale del ginocchio che si aggrava con la corsa e con le pedalate. Il dolore si sviluppa spesso proprio durante l’attività e spesso ne limita lo svolgimento. Le sessioni di allenamento più lunghe, la corsa in discesa o in curva sono spesso dei fattori che aggravano il dolore.

Il dolore può essere riprodotto con la palpazione della bandelletta 2-3 cm sopra la linea articolare di ginocchio, ed è possibile avvertire dei crepitii o del gonfiore locale. I sintomi possono essere riprodotti con la flessione e l’estensione ripetuta del ginocchio. La rigidità della bandelletta misurata con il test di Ober non da invece nessun tipo di indicazione, proprio perchè il test tende ad andare a valutare altri aspetti, come la rigidità capsulare dell’anca.


Biomeccanica del gesto motorio

La comprensione dell’anatomia e della patofisiologia della bandelletta ileotibiale dovrebbe aiutare a migliorare l’intervento terapeutico. Il movimento della bandelletta attorno al condilo femorale laterale è limitato dalle sue forti inserzioni fibrose in femore e tibia. Gli approcci tradizionali che comportano l’allungamento della bandelletta potrebbero non ottenere i risultati attesi e comportare un aumento delle forze di compressione attorno all’epicondilo laterale, con un aumento del dolore correlato alla compressione piuttosto che a una riduzione delle forze di attrito trasversali. La bandelletta gioca chiaramente un ruolo nella stabilità dell’anca attraverso la sua tensione. Nell’adduzione e flessione dell’anca è stato osservato un aumento della pressione attorno al grande trocantere. Questa pressione è ulteriormente aumentata dalla flessione del ginocchio. La stessa pressione è ridotta nell’abduzione dell’anca e nell’estensione del ginocchio.

Inizialmente si pensava che la sindrome della bandelletta ileotibiale fosse associato a movimenti ripetitivi di flessione ed estensione del ginocchio. Uno studio biomeccanico non ha però rilevato differenze significative nei movimenti del ginocchio sul piano sagittale tra una popolazione con sindrome della bandelletta ed una popolazione sana. Ciò suggerisce che sarebbe opportuno osservare altri piani di movimento. Ad esempio, un aumento della rotazione interna della tibia può aumentare le forze di compressione intorno all’epicondilo laterale. La rotazione interna della tibia può derivare da uno scarso controllo prossimale (aumento della rotazione interna dovuta all’adduzione dell’anca), da un aumento del valgismo e da un aumento della pronazione del piede.

Un aumento dell’adduzione dell’anca, specialmente durante la fase di pieno carico durante la corsa, aumenta il carico eccentrico sugli abduttori d’anca. I corridori che sviluppano questa patologia potrebbero avere una significativa debolezza degli abduttori d’anca dell’arto affetto ed un ridotto controllo motorio nell’adduzione. Potrebbe anche esserci una debolezza di flessori ed estensori di ginocchio, con un decremento del controllo motorio del ginocchio. Il corpo di grasso altamente innervato sotto la bandelletta, che si crede possa essere la causa del dolore, potrebbe inoltre portare dell’inibizione degli abduttori d’anca, per diminuire la pressione su di esso, conducendo in un circolo vizioso.


Come trattare la sindrome della bandelletta?

Il trattamento consigliato molto spesso è l’allungamento della bandelletta. In realtà lo stretching della bandelletta ileotibiale si è visto da molti studi che non allunga in nessun modo la bandelletta, quindi potrebbe essere non efficace per trattare questo tipo di patologia.

Il trattamento potrebbe essere complesso e multi-fattoriale. E’ di fondamentale importanza il riposo e la gestione del carico. La comparsa del dolore indica che c’è stato un sovraccarico ed è necessario di conseguenza un periodo di riposo e la capacità di poter aumentare poi gradualmente il carico per adattare gradualmente i tessuti al carico stesso ed aumentare di conseguenza la capacità di carico.

Dovrebbero essere considerate le articolazioni vicine di anca e piede. A livello d’anca, come detto precedentemente dovremmo considerare la forza degli abduttori. Se riscontriamo un deficit degli abduttori d’anca dell’arto affetto rispetto alla controlaterale risulta indispensabile andare ad agire sul rinforzo muscolare di questi muscoli, sia in situazioni di isolamento sia in situazioni dinamiche, mimando per esempio il gesto tecnico dove l’arto inferiore dovrebbe avere un’eccessiva adduzione non controllata dagli abduttori d’anca come nella fase di pieno carico della corsa. Questa potrebbe essere utile imparare a controllarla a cominciare dal gesto motorio dello squat, incentivando l’abduzione d’anca durante il gesto motorio.

squat con abduzione
Mettendo un elastico esternamente alle ginocchia è possibile stimolare il controllo dell’adduzione ed incentivare l’abduzione durante un gesto motorio.

Allo stesso modo è possibile utilizzare lo stesso principio durante un affondo frontale, che va a mimare in modo maggiore la fase di pieno carico della corsa nell’arto affetto.

Affondo in abduzione d’anca, con elastico verso l’interno.

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Dal punto di vista passivo sarebbe da valutare la presenza di trigger point sul ventre muscolare di tensore della fascia lata, del medio gluteo e del piccolo gluteo, che potrebbero riferire dolore nella zona esterna della coscia fino alla zona tipica di dolore della bandelletta ileotibiale. E’ possibile autotrattare i trigger point con delle palline per massaggio ed un foam roller, è comunque consigliato rivolgersi ad un fisioterapista specializzato.

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PER APPROFONDIRE: Trigger point, cosa sono e come trattarli?

A livello distale dovrebbe essere valutato il piede. Un aumento della pronazione del piede, infatti, come nela caso di un piede piatto, potrebbe aumentare il valgismo di ginocchio ed adduzione con rotazione interna di femore, i movimenti più associati allo sviluppo di questa patologia. Di conseguenza potrebbe essere utile lavorare inizialmente in modo attivo sul controllo dell’arco plantare mediale, attraverso un esercizio con lo short foot exercise.

Lo short foot exercise, un esercizio per il mantenimento della cupola del piede

Agire invece con delle correzioni passive come i plantari dovrebbe essere l’ultima spiaggia.


Libri consigliati


Bibliografia

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