Attrezzo simbolo del fitness e bodybuilding “old school”, chiunque sia mai entrato in una sala pesi ha sicuramente avuto a che fare con il peck deck, che rappresenta una sorta di “entry level” nelle schede che vengono propinate ai neofiti, e inserito, come tutte le macchine isotoniche, spesso erroneamente nei programmi di riabilitazione funzionale.
Viene inoltre ritenuto da molti coaches un ottimo alleato per lavori di isolamento, capace di stimolare con una maggiore enfasi il muscolo gran pettorale rispetto ad altri esercizi più complessi.
Ma quanto c’è di vero in queste credenze?
Indice dell'articolo
Peck deck e articolazione della spalla
Lo studio della biomeccanica diventa fondamentale per la selezione degli esercizi in ogni sessione di allenamento per ottimizzare gli stimoli e i risultati ricercati.
La macchina peck deck prevede un movimento guidato monoarticolare, coinvolge infatti solo l’articolazione della spalla, e si posiziona quindi in fondo alla gerarchia priority muscle, una classificazione che va dai più complessi multiarticolari (squat, panca ecc…) ai più semplici monoarticolari.
In realtà ciò che semina più perplessità è in un certo senso l’innaturalezza del gesto compiuto, che non rispetta a pieno la fisiologia articolare della spalla. La posizione nella quale si trovano i gomiti, flessi a 90 gradi e poggiati su dei cuscinetti-supporto forza una spinta proprio al livello del gomito, andando a creare una leva articolare anteriore alla spalla; questa leva spinge la testa dell’omero anteriormente, forzando la capsula articolare anteriore che è quella lesionata durante una lussazione anteriore di spalla; la capsula anteriore dell’articolazione scapolo-omerale è il più comune sito di instabilità e di iperlassità nella spalla, e dato che la rotazione esterna (extrarotazione) insieme all’abduzione orizzontale della spalla sottopone la capsula anteriore a un enorme stress, la combinazione di questi movimenti dovrebbe essere evitata da chi soffre di instabilità o iperlassità di spalla. Oltre alla peck deck, andrebbero evitati in questi casi anche altre esercizi che includono questi movimenti e mettono a rischio l’articolazione scapolo-omerale, come il pull down o la shoulder press eseguiti dietro la testa e le distensioni su panca a presa larga; anche il back squat rientra potenzialmente nella categoria di esercizi a rischio, in quanto le spalle sono extraruotate e in abduzione orizzontale: sarebbe da preferire il front squat.
In generale comunque mentre si esegue il movimento alla peck deck dovrebbe essere evitata l’eccessiva abduzione orizzontale oltre un certo range articolare e l’eccessivo allungamento del gran pettorale per minimizzare lo stress sulla capsula anteriore. L’ideale sarebbe, su una variante della peck deck che non vincola i gomiti (come la fly machine o peck deck fly), iniziare il movimento con i gomiti leggermente più avanti del piano scapolare e mantenerli sotto il livello delle spalle per tutta la durata dell’esecuzione.
Potrebbe essere una buona idea arrivare a gestire e a padroneggiare il movimento con il rispetto di tutte queste accortezze prima sul macchinario, per poi passare o alternare all’esecuzione su panca con i manubri, che rimane comunque l’opzione migliore se si vuole sfruttare un maggiore transfert e una migliore possibilità di apprendimento degli schemi motori.
Peck deck e muscoli target: pettorali e spalle
Chi non ha problemi articolari può allora allenarsi sulla peck deck? Certo, può tranquillamente essere inserita in una routine di allenamento. Tuttavia non è comunque davvero così eccezionale nel lavoro di reclutamento e isolamento del pettorale.
Molti acclamano gli esercizi monoarticolari come la peck deck, conosciuti anche come esercizi d’isolamento, come garanzia di una maggior attivazione del muscolo target; infatti le macchine isotoniche sovraccaricano maggiormente i primary motor muscle riducendo il lavoro a carico dei muscoli stabilizzatori.
Sarebbe comunque un grosso errore affermare che il gran pettorale sia l’unico primary motor muscle durante l’esecuzione della peck deck, come suggeriscono alcuni testi su cui si rifanno molti coaches.
Gli studi più recenti hanno smascherato la falsa credenza secondo cui i monoarticolari causino una maggiore attivazione dei muscoli primari rispetto ai multiarticolari; infatti seppur vero che l’attività degli stabilizzatori è minore, il livello di attivazione dei muscoli primari è quasi identico secondo il segnale elettromiografico (EMG). In particolare durante l’esecuzione della peck deck il deltoide anteriore viene reclutato quasi allo stesso livello del gran pettorale, ed entrambi i muscoli comunque in misura minore rispetto alle distensioni su panca piana. Perciò se lo scopo è quello di stimolare il gran pettorale ( o il deltoide anteriore) risultati migliori possono essere ottenuti su una panca piana piuttosto che su un peck deck, anche se bisogna poi sempre considerare la specificità dell’allenamento, i risultati che vogliono essere ottenuti e il transfert ricercato. C’è da dire che, sul peck deck l’attivazione del tricipite è quasi irrilevante, mentre sulla panca piana lavora come muscolo sinergico, in quanto nella seconda parte dell’alzata è prevista l’estensione del gomito. Quindi se si vuole lavorare sul pettorale o sul deltoide senza aggiungere lavoro sul tricipite, il peck deck è sicuramente una buona opzione.
Al contrario però, sulla peck deck partecipa attivamente con rilevanza il bicipite brachiale, anche se risulta complicato identificare con precisione il suo livello di attivazione (molto dipende anche dalla struttura della macchina); si può comunque osservare come all’aumentare dell’intensità di carico aumenti anche l’attività dei bicipiti, e la loro massima attivazione si fa registrare a percentuali d’intensità intorno all’80% dell’1RM (massimale su una singola ripetizione). Infatti il bicipite brachiale, oltre a essere il principale attore della flessione di gomito, partecipa anche ai movimenti della spalla, e questo è dovuto ai suoi punti di origine e inserzione rispettivamente nel processo coracoideo e nella tuberosità radiale (il capo corto sembra essere la parte maggiormente coinvolta nella flessione orizzontale della spalla).
Varianti della peck deck machine
Nell’industria del fitness, attualmente, le varie aziende costruttrici di attrezzi isotonici sono solite chiamare la peck deck con vari nomi, come pectoral machine, fly machine o peck deck fly ecc… in realtà dovrebbe esserci una distinzione tra la classica peck deck machine che prevede i gomiti flessi e poggiati sui supporti, e la variante “fly machine” la cui struttura permette di estendere i gomiti rendendo l’esecuzione più simile a quella delle croci con manubri e andando a ovviare al problema sull’articolazione della spalla di cui parlavamo prima; variante tra l’altro anche molto versatile, dato che su questa macchina può essere anche eseguito un “reverse fly” o “peck deck inverso” in italiano, con un movimento che simula le croci inverse. Un’altra variante ancora, meno conosciuta, è la fly machine verticale, che prevede sempre un movimento convergente (la direzione della forza applicata in entrambi i lati tende verso un unico punto), ma verso il basso, in questo modo, anche se gli studi a riguardo sono praticamente nulli, per funzione anatomica si ridurrebbe l’azione del deltoide anteriore, favorendo un maggior isolamento del petto.
Bibliografia
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