Ipoglicemia reattiva: diagnosi e trattamento

L'ipoglicemia reattiva è chiamata anche ipoglicemia postprandiale e avviene quando si riducono i livelli di zucchero nel sangue. Vediamo cosa dicono gli studi.

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Quando parliamo di ipoglicemia, in particolare di ipoglicemia reattiva o ipoglicemia postprandiale, indica una condizione per la quale i livelli glicemici risultano al di sotto di una certa soglia di sicurezza (<60-70 mg/dl lieve, <30 mg/dl grave).

Per intenderci: avete mai dimenticato di far colazione e tirar dritto fino a pranzo? Il giramento di testa, l’incapacità di concentrarsi, il bisogno di qualcosa di dolce… ecco, quel “calo di zuccheri” che vi fa percepire tutto in slow motion si chiama proprio Ipoglicemia (in quel caso “Ipoglicemia da Digiuno” o “Ipoglicemia post prandiale”).

In condizioni fisiologiche questa situazione non viene mai raggiunta perché l’organismo, tramite un meccanismo di feedback, mette in atto un sistema protettivo che blocca il rilascio insulinico e aumenta l’impiego di glicogeno che, tramite glicogenolisi, ripristina i normali livelli glicemici.

Cosa intendiamo per Ipoglicemia reattiva (Reactive Hypoglycemia o RH)?

ipoglicemia reattiva
Ipoglicemia reattiva

Viene chiamata anche Ipoglicemia funzionale e si può verificare circa 2-5h dopo il pasto. Dal punto di vista clinico vengono distinte tre forme principali:

  • RH Alimentare: 120’ dopo il pasto
  • RH Idiopatica: 180’ dopo il pasto
  • RH Tardiva: 240’-300’ dopo il pasto

Spesso vengono riscontrati problemi legati a bruschi cali glicemici nei pazienti diabetici e pre-diabetici, ma ciò non significa che non possa accadere a individui apparentemente sani.

Nel primo caso può essere causata, tra le varie cose, da un’errata auto-somministrazione di farmaci ipoglicemizzanti o dall’eccessiva sensibilità dell’individuo a questi farmaci; in alcuni casi si può attribuire la causa di questi episodi a ipersensibilità all’adrenalina, la quale è ulteriormente stimolata dalla condizione ipoglicemica

Ipotesi cliniche

Alcune ipotesi, infine, sostengono che una possibile causa dell’ipoglicemia reattiva possa essere una scarsa capacità dell’organismo di produrre sufficienti quantità di glucagone, ormone antagonista dell’insulina che incentiva, appunto, il rilascio di glucosio nel sangue e l’interruzione della secrezione insulinica da parte del pancreas.

Dopo un primo picco insulinico nella sua fase di secrezione primaria, si verifica un aumento dei valori di glucosio ematico, in corrispondenza della fine del pasto. Questo andamento causa un’ulteriore e consistente secrezione insulinica (al contrario dell’andamento oscillatorio che normalmente avviene nella fase secondaria), la quale causa, appunto, lo stato ipoglicemico e lo squilibrio di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo.

Ovviamente, il reiterarsi di questa situazione ha anche conseguenze croniche a livello sistemico, a partire dalla ridotta sensibilità insulinica di importanti tessuti come quello muscolare e quello adiposo (specialmente negli individui che soffrono di RH tardiva), nonostante i meccanismi di questo processo non siano ancora del tutto chiari.

La familiarità dei pazienti con RH Tardiva per obesità e diabete rende inoltre più sensibili questi soggetti piuttosto che coloro che manifestano valori bassi di glicemia dopo 3h (RH Idiopatica).

Ovviamente, il reiterarsi di questa situazione ha anche conseguenze croniche a livello sistemico, a partire dalla ridotta sensibilità insulinica di importanti tessuti come quello muscolare e quello adiposo (specialmente negli individui che soffrono di RH tardiva), nonostante i meccanismi di questo processo non siano ancora del tutto chiari.

Ipoglicemia reattiva sintomi

Tra i sintomi dell’ipoglicemia reattiva troviamo:

  • ansia
  • astenia
  • fame intensa (ricerca di carboidrati, in particolare)
  • confusione
  • tremore
  • svenimenti.

Ipoglicemia reattiva: cosa fare?

La cosa migliore da fare in caso di ipoglicemia reattiva, se possibile, è tentare di ripristinare un valore accettabile di glicemia e di pressione sanguigna per limitare i rischi secondari legati a i sintomi, quindi:

  • Mangiare o bere qualcosa di dolce
  • Sedersi e sollevare le gambe in modo che l’afflusso sanguigno vada più facilmente alla testa

È sicuramente necessario, in un secondo momento, approfondire la propria condizione con il proprio medico curante e incontrare un diabetologo e/o un endocrinologo per intervenire prontamente nel caso questo episodio (solitamente non isolato) possa ricondurre a pre-diabete e/o diabete di tipo II.

Conclusione

Nel corso dell’ultimo secolo, la classificazione, l’eziologia, la diagnosi e la gestione dell’ipoglicemia si sono, a ogni modo, evolute notevolmente. Nella letteratura contemporanea, la valutazione dell’ipoglicemia è suddivisa in pazienti dall’ “aspetto sano” (well-appearing) e pazienti dall’ “aspetto malato” (ill-appearing) quindi con patologie già conclamate e diagnosticate.

I sintomi dell’ipoglicemia nella prima tipologia di paziente possono derivare da patologie quali:

  • Insulinoma
  • Sindrome da ipoglicemia pancreatogena non insulinomica (NIPHS)
  • Ipoglicemia da intervento chirurgico bariatrico
  • Dumping Sindrome
  • Autoimmunità da insulina
  • Sindrome postprandiale

Per ognuna di queste la letteratura è carente di studi clinici randomizzati finalizzati alla ricerca di modalità diagnostiche e terapeutiche ottimali, ma ciò è dovuto alla descrizione relativamente recente di alcune malattie e alla rarità dei casi. 

Bibliografia

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