Il muscolo grande rotondo è un muscolo della spalla, ha origine dalla parte inferiore del margine laterale dorsale della scapola. Si inserisce sulla cresta della piccola tuberosità dell’omero (detto anche tubercolo minore o solco bicipitale).
È in rapporto con il grande dorsale, con il capo lungo del tricipite, con il sottoscapolare e con il muscolo coracobrachiale. Il margine inferiore insieme al grande dorsale e al grande rotondo forma la parete posteriore della cavità ascellare.
La sua azione principale è quella di addurre, estendere ed intraruotare l’omero; lavora in sinergia con il muscolo gran dorsale. Svolge un’azione importante nella retroversione del braccio. Stabilizza l’articolazione scapolo-omerale.
E’ innervato dal nervo sottoscapolare inferiore (C5-C7).
Il ventre muscolare è facilmente identificabile lateralmente all’angolo inferiore della scapola nei movimenti di adduzione, estensione o rotazione interna della spalla. Questo muscolo è particolarmente coinvolto nel ritmo scapolo omerale. Questo è un movimento della spalla, risultato di un movimento sincrono e coordinato di tutto il complesso articolare: questo fenomeno rappresenta il cosiddetto “ritmo gleno-omerale-scapolo-toracico“.
Biomeccanica del grande rotondo
Quando il movimento della spalla viene espresso attraverso un armonico susseguirsi di azioni, sincrone e coordinate, possiamo parlare di “ritmo scapolo-omerale“; le principali componenti articolari della spalla sono l’articolazione gleno omerale e la pseudo-articolazione scapolo-omerale: la mancata sincronicità e l’inadeguata coordinazione neuro-muscolare sono i principali responsabili della formazione di conflitti, che portano inevitabilmente allo sviluppo di patologie disfunzionali della spalla.
La spalla è il complesso articolare dotato di maggiore mobilità, in assoluto, nel corpo umano: è costituita da tre articolazioni (scapolo-omerale, sterno-clavicolare e acromion-clavicolare, da due articolazioni funzionali, dette pseudo-articolazioni (sottoacromion-deltoidea e scapolo-toracica) e da gruppi muscolari in grado di assicurare il movimento dell’arto superiore su tutti piani dello spazio e, contemporaneamente, garantire la centratura della testa dell’omero nella glenoide scapolare (equilibrio gleno-omerale).
La stabilità articolare è fisiologicamente garantita da stabilizzatori statici e dinamici: la capsula articolare gleno-omerale, il labbro glenoideo, il legamento coraco-omerale e il legamento gleno-omerale possono essere considerati i principali stabilizzatori statici, mentre la componente muscolare, che assicura la centratura dell’omero nella glenoide durante i movimenti, deve essere considerata la componente dinamica. Possiamo suddividerei i muscoli coinvolti nel movimento del cingolo scapolo-omerale in:
→ protettori della gleno-omerale: cuffia dei rotatori (muscolo sopraspinato, muscolo infraspinato e piccolo rotondo, ad azione extrarotatoria, e muscolo sottoscapolare, intrarotatore) a cui si aggiunge il muscolo grande rotondo, sinergico nell’intrarotazione omerale.
→ rotatori della scapola: muscolo trapezio, muscolo elevatore della scapola, muscolo romboide, muscolo piccolo pettorale, muscolo gran dentato.
→ posizionatori omerali: muscolo deltoide, muscolo gran pettorale, muscolo gran dorsale.
Il muscolo bicipite brachiale, grazie al suo capo lungo, funge da stabilizzatore accessorio della testa omerale.
L’organizzazione del movimento attraverso l’attivazione sequenziale di risposte neuro-muscolari, che prevedano un ordine sequenziale di attivazioni o inibizioni muscolari è indispensabile per permettere la sinergia motoria.
Se prendiamo in considerazione, ad esempio, l’elevazione della spalla, possiamo renderci conto di come l’articolazione gleno-omerale e l’articolazione funzionale scapolo-toracica debbano muoversi in maniera sincrona, per permettere un movimento fluido e naturale: durante le fasi di elevazione e abduzione della spalla, la quantità e la qualità del movimento reciproco determina il “ritmo scapolo-omerale”, cioè la capacità di muoversi sincronicamente e reciprocamente rispettando una tempistica fondamentale per la corretta esecuzione del gesto. Tale “consecutio temporum” neuro-mio-fasciale, indispensabile per non generare conflitti articolari e mantenere l’equilibrio gleno-omerale, è l’elemento “sine qua non“, cioè la componente imprescindibile, per garantire il buon funzionamento della spalla e prevenire eventuali lesioni.
Il ritmo scapolo-omerale
Il ritmo scapolo-omerale rappresenta quindi la sequenza armonica dei movimenti che coinvolge tutte le articolazioni e tutti i muscoli del complesso articolare della spalla: i muscoli del cingolo scapolo-omerale interagiscono tra di loro generando specifiche coppie di forze in grado di mantenere fisso e stabile il centro istantaneo di rotazione tra la testa omerale e la glenoide durante il movimento (equilibrio gleno-omerale).
Un altro esempio della necessità di un ordine temporale nell’azione, per rispettare il ritmo scapolo-omerale, è l’abduzione dell’omero rispetto alla scapola: questo movimento è intrinsecamente limitato dal conflitto che si instaura tra la grande tuberosità omerale e l’acromion; affinché avvenga la rotazione esterna dell’omero, durante l’abduzione, è necessario che la grande tuberosità possa scivolare oltre la protuberanza acromiale. Il gesto viene compiuto attraverso una serie di segmenti motori, caratterizzati da gradi di movimento espressi in gradi di rotazione, che presuppongono l’attivazione di gruppi muscolari differenti.
Se l’omero è intra-ruotato, ha la possibilità di sollevarsi solo per un angolo di 60°, rispetto alla scapola: per permetterne l’elevazione e l’extra-rotazione oltre questo limite fisiologico, è necessaria la contemporanea rotazione verso l’alto della scapola; pertanto, durante i primi 60° di elevazione omerale, si verifica un movimento di rotazione scapolare di circa 30°, con un abduzione finale di circa 90° dell’arto superiore. Simultaneamente la clavicola dovrà elevare la sua estremità acromiale, ruotando intorno ad un asse antero-posteriore, situato in prossimità dello sterno. A 90° di abduzione dell’arto superiore, ogni ulteriore rotazione della clavicola e della scapola viene impedita dalla tensione del legamento coraco-clavicolare e del legamento costo-clavicolare: per permettere una ulteriore rotazione verso l’alto della scapola di 30° e dell’omero di 60°, la clavicola deve ruotare posteriormente su un asse longitudinale, tanto da elevare l’estremità acromiale.
Riassumendo, la scapola ruota in totale di 60°, l’omero si eleva di 120° rispetto alla scapola e, anche grazie alla rotazione clavicolare, l’arto superiore può raggiungere i 180° in abduzione. Questo esempio ci permette di comprendere come la coordinazione neuro-mio-fasciale sia un elemento imprescindibile per il movimento armonico: l’alterazione di questa “ritmicità” è, essa stessa, fonte di processi disfunzionali e lesioni articolari.
L’alterazione del ritmo scapolo-omerale è l’espressione della disfunzione o dell’alterazione delle componenti muscolari ed articolari che intervengo nella biomeccanica della spalla: un processo patologico a carico di una qualsiasi delle strutture che compongono il complesso articolare della spalla, può determinare dolore e limitazione funzionale, che, attraverso atteggiamenti antalgici e compensatori, genera una progressiva disarmonia funzionale e degenerazione patologica della spalla.
Cuffia dei rotatori e grande rotondo
Il grande rotondo fa anche parte di una struttura molto importante a livello anatomico, rappresentata dalla cuffia dei rotatori. Quest’ultima è una struttura anatomica che costituisce una fonte di protezione e di centraggio della testa dell’omero coinvolta in diversi movimenti. I muscoli che la formano infatti hanno delle azioni importanti. Oltre al grande rotondo, è presente il muscolo sovraspinato, ha l’azione di vincolare l’omero alla scapola, mette in tensione la capsula articolare, abduce e ruota all’esterno il braccio, il muscolo sottospinato, ha l’azione di ruotare esternamente l’omero. Il piccolo rotondo, con la sua azione sinergica nei confronti dell’infraspinato, ruota debolmente verso l’esterno il braccio. Partecipa inoltre a stabilizzare l’articolazione scapolo omerale. Il muscolo sottoscapolare, con la sua azione, adduce e ruota internamente il braccio.
Bell’articolo! Ben scritto, completo e comprensibile… Complimenti!
grazie Andrea