Esercizi in palestra: gli errori da evitare!

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Sappiamo tutti fare un curl con i manubri, una tirata al mento, un’alzata laterale, uno squat?

La risposta la troviamo provando a dare un’occhiata in una qualsiasi palestra, luogo per eccellenza dove tecnica e scienza facilmente si scontrano con dogmi privi di comprovata veridicità, falsi miti e credenze infondate.

Innanzitutto definiamo l’errore biomeccanico: si tratta semplicemente dell’eseguire un esercizio in maniera non corretta, perché il soggetto in questione non conosce la corretta esecuzione o perché nessuno glielo ha mai spiegato. Non viene rispettata la corretta fisiologia articolare dell’articolazione in esame e quindi l’esecuzione sarà lontana dalla perfezione e a lungo termine questo errore potrebbe causare dei problemi.

Per quanto riguarda il concetto di compensazione posturale, possiamo definirla come un aggiustamento posturale messo in atto dal soggetto per affrontare il sollevamento o lo spostamento di un carico esterno troppo elevato. Ma la stessa cosa accade quando, stando semplicemente in piedi, un soggetto mette in atto delle compensazioni dovute per esempio a deficit di alcuni muscoli o per trovare la soluzione duratura a un problema di tipo strutturale.

Torniamo nella nostra sala pesi e andiamo a vedere una prima serie di esercizi per avere un esempio pratico e veloce alla mano di quanto detto sopra.


Errori nelle alzate laterali

Partiamo dalle spalle, con uno di quegli esercizi che difficilmente viene a mancare su una tipica scheda: le alzate laterali. L’esercizio consiste nell’abduzione dell’omero fino ai 90° (altezza spalla) con differenti varianti per quanto riguarda il gomito, che può essere flesso pochi gradi o addirittura a 90° per tutto il range di movimento.

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Gli errori biomeccanici più ripetuti sono: braccio in intrarotazione (forzata soprattutto negli ultimi gradi di abduzione) ed estensione completa del gomito. Prima di tutto bisognerebbe eseguire le alzate annullando la rotazione interna e addirittura ricercando una extrarotazione, perché solo così il tubercolo minore dell’omero si libera dall’acromion rendendo possibile il movimento di abduzione fino a oltre 90° dell’omero. La rotazione interna accentua questo impedimento meccanico (che si ottiene proprio intorno ai 90° di abduzione dell’omero), un impatto silente che nel tempo può provocare fastidi. Per migliorare ancora di più questa situazione è consigliabile spostare il braccio più avanti di circa 15° rispetto al livello della spalla.

Quando il carico scelto è troppo alto le compensazioni posturali messe in atto sono generalmente due con la naturale attivazione di altri muscoli: sollevamento delle spalle (es. trapezio superiore e succlavio) e iperestensione del tronco (es. erettore della colonna e multifido). Accade che il deltoide da solo non riesce a portare l’omero in abduzione di 90° contro quel carico, e allora sollevando le spalle e inarcando il busto indietro si guadagnano alcuni gradi del movimento completo, arrivando comunque a destinazione.

LEGGI ANCHE: Perchè non esasperare la lordosi lombare negli esercizi.

alzate laterali
Alzate Laterali

In aggiunta a questo alcune persone abbassano lo sguardo (flessione cervicale), lo stesso posizionamento che si ha quando per diverse ore al giorno usiamo lo smartphone tra le mani. Un ultimo consiglio sarebbe di flettere almeno un po’ di gradi il gomito per evitare di sovraccaricare l’articolazione della spalla oltre a tenere leggermente piegate le ginocchia ed evitare di assumere una posizione eccessivamente ‘rigida’.


Errori nelle tirate al mento

Analizziamo adesso un secondo esercizio usato per le spalle, anzi da molti conosciuto come un ottimo esercizio per il trapezio superiore: Upright Row, meglio conosciuto come tirate al mento.

Parliamo di un esercizio che di base, andrebbe cancellato e sostituito senza alcuna esitazione. Vediamo perché.

Innanzitutto non attiva i fasci superiori del trapezio più del deltoide. Infatti questo esercizio è proprio utile alla tonificazione di quest’ultimo. Il motivo è come al solito spiegato dalla fisiologia articolare: il movimento centrale è sempre l’abduzione dell’omero fino ai 90° o poco più, solo che a differenza delle alzate laterali il gomito si trova in iperflessione. Ma non cambia assolutamente nulla. Quindi che senso ha fare le tirate al mento subito dopo aver fatto le alzate laterali? Nessuno.

Vediamo ora gli errori biomeccanici: tutti dicono ti puntare con i gomiti verso l’alto e arrivare con il bilanciere sotto il mento. In questo modo viene enfatizzata di molto la rotazione interna che tanto non piace alla nostra spalla. In questo caso, per flettere il gomito intervengono muscoli come il brachiale.

tirate-al-mento
Tirate al mento

Come compensazioni posturali in caso di eccessivo carico troviamo anche qui una iperestensione del tronco e talvolta una lieve iperestensione della zona cervicale (lo sguardo non viene mantenuto all’orizzonte come è giusto che sia).

Consigli per l’esecuzione: portare il bilanciere al massimo fino all’addome, sotto lo sterno e non raggiungere con i gomiti la spalla (abduzione dell’omero di 75° circa).

Consiglio ancora più grande: non eseguire le tirate al mento (nemmeno al cavo basso della poliercolina).


Errori Curl

Dopo la prima parte dedicata agli esercizi più ripetuti in una sala pesi, continuiamo con una seconda parte che comincia dai muscoli flessori ed estensori dell’avambraccio, bicipiti e tricipiti.

Prendiamo un curl con bilanciere o manubrio eseguito in piedi: immaginate che si ripresenti la classica situazione in cui il soggetto utilizza un carico eccessivo, cosa si verifica, o meglio come si comporta la persona per sollevare comunque il carico?Proietta immediatamente in avanti il gomito (attivazione del gran pettorale), porta in iperestensione la colonna (attivazione dei muscoli lombari ed erettori della colonna). Una doppia compensazione posturale per risolvere il problema del carico e guadagnare gradi di movimento, con l’illusione di essere comunque arrivato a eseguire il gesto specifico fino alla fine.

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curl
Curl con bilanciere

Per i tricipiti immaginate l’esercizio push down ai cavi. Anche qui ad un carico eccessivo il nostro corpo risponde flettendo e adducendo le spalle (attivazione del muscolo coracobrachiale), sollevandole (attivazione dell’elevatore della scapola, trapezio superiore, sternocleidomastoideo e romboidei), abbassandole per aiutare nella spinta verso il basso (attivazione del trapezio inferiore, pettorale inferiore, piccolo pettorale, succlavio). E pensare che volevamo focalizzarci solo sui tricipiti!

Per isolare maggiormente i tricipiti si consiglia infatti la distensione dell’avambraccio su panca a 0°, mantenendo l’omero perpendicolare al pavimento. Questo assetto permette ai tricipiti di essere i veri e indisturbati protagonisti del movimento di estensione.

Anche nell’esercizio dip o distensioni alle parallele è facile riscontrare una compensazione posturale per ovviare al carico, in questo caso il peso corporeo se non vengono usati sovraccarichi. Nella corretta esecuzione il busto viene mantenuto  perpendicolare al pavimento, mentre per compensazione avviene la flessione anteriore del busto che va a richiamare il lavoro della muscolatura pettorale, un aiuto importante a muscoli piccoli come i tricipiti, specie nel caso di un soggetto non particolarmente allenato.

Apro una piccola parentesi sui muscoli bicipiti e tricipiti: si tratta di muscoli bi-articolari, quindi la loro azione è doppia e non sono solo flessori-estensori dell’avambraccio, ma intervengono anche nella flessione-estensione della spalla. Detto questo, muovere leggermente i gomiti lontano dai fianchi durante il push down al cavo non è un errore così grande, ma enfatizzarlo per ovviare al carico eccessivo significa sprecare tempo e non concentrarsi sui veri muscoli target.

Ancora per la parte alta del corpo voglio citare l’esercizio della lat machine. In tanti la eseguono sia avanti che dietro, in quest’ultimo caso con l’illusione di realizzare un lavoro più completo. Niente di più falso. La sollecitazione muscolare è praticamente la stessa e la scomodità nell’eseguire la lat dietro al collo (data dalla posizione non proprio fisiologica) viene spesso confusa con una maggiore fatica muscolare, che invece non si percepisce quando si esegue la lat avanti, dove il busto è quasi perfettamente perpendicolare rispetto alla pavimento. La postura durante la lat dietro è tutto un dire nel 99% dei casi: flessione cervicale (lo sguardo si abbassa) con aggiunta a volte di un irrigidimento dei muscoli estensori del collo (per poter guardare avanti nello specchio), gomiti arretrati e testa dell’omero spinta in avanti. Ora, detto questo, non è assolutamente vero che ci si fa male al 100% da lì  a pochi anni, ma il rischio c’è e tra due opzioni, una sicura e l’altra rischiosa, è meglio scegliere la sicurezza. La maggior ragione sapendo che a livello muscolare non stiamo stravolgendo niente di che.

lat machine
Lat machine

Il carico scelto per ogni esercizio deve essere allenante in maniera specifica per il soggetto in questione, ma deve crescere gradualmente rispettando la crescita muscolare in termini di ipertrofia e di forza espressa. Subentra poi un fattore psicologico: il desiderio di spostare un carico elevato ci da l’idea di essere forti e muscolosi, perché nella mente comune tanta fatica vuol dire ottimo lavoro, così come sudare il più possibile significa bruciare di più.

Siamo tutti diversi, per quanto cerchiamo costantemente di somigliare a qualcuno. Non tutto vale per tutti, quelle fatte sopra sono delle considerazioni meramente biomeccaniche e di fisiologia articolare, una semplice osservazione di come si comporta il corpo umano quando è sottoposto a situazioni dove deve rispondere a un carico esterno. E spesso il carico esterno potrebbe essere semplicemente la forza di gravità.

Concludo infatti con uno di quegli esercizi target nella fase finale della scheda o come attivazione iniziale: il plank. A prescindere dal corretto allineamento del corpo, ogni soggetto utilizzerà una postura propria. Se siamo di fronte a una iperlordosi lombare, impostare una corretta retroversione del bacino (attivazione di glutei e addominali) è la chiave per eseguire al meglio il plank.  Al contrario, nel caso di una ipolordosi il plank non risulta essere una buona idea, perché di norma sono già iperattivati i muscoli retto dell’addome e grande gluteo, mentre sono ipoattivati i muscoli della fascia toraco-lombare e il retto del femore.

Insomma lo stesso esercizio potrebbe non andare bene allo stesso modo per due persone.


L’ultimo esempio che voglio proporre è un lavoro cardio-vascolare: la camminata sul tapis roulant in salita, con una pendenza considerevole superiore al 3%. Innanzitutto aggrapparsi con le mani agli appoggi dell’attrezzo rende la camminata non naturale, perché mai cammineremmo per strada con le braccia protese in avanti e ferme. Di natura siamo portati all’oscillazione degli arti superiori che avviene in maniera incrociata rispetto all’oscillazione degli arti inferiori, e questo perché il nostro lavora in base a delle catene muscolari. Inoltre il camminare in salita richiede un aumento del lavoro da parte dei seguenti muscoli: ileo-psoas e retto femorale per la flessione dell’anca, grande gluteo e ischiocrurali per l’estensione dell’anca, il tricipite della sura per la flessione plantare. Appoggiare  le mani e portare il busto indietro è una compensazione che permette di ridurre il lavoro dei muscoli appena citati, facendo quindi meno fatica. Se osserviamo questo assetto posturale noteremo che il corpo in generale e le articolazioni nello specifico saranno allineate tra di loro  e rispetto alla superficie di appoggio. Il risultato è che si cammina praticamente in piano, annullando l’effetto della pendenza.


Conclusione

Negli esercizi, l’accorgimento è quello di trovare sempre una postura corretta che non è universale per tutti, perché il soggetto con una iperlordosi lombare non è al pari del soggetto con ipercifosi dorsale. Usare i muscoli del core e piegare le ginocchia sono elementi importanti per scaricare le linee di forza su più articolazioni e caricare meno a livello delle vertebre e soprattutto dei dischi intervertebrali.

Come abbiamo constatato gli errori biomeccanici derivano da una mancata conoscenza dell’esercizio, mentre le compensazioni posturali sono provocate dall’utilizzo di un carico esterno oltre le proprie capacità. Per questo è molto meglio usare un carico allenante che ci consenta comunque un’esecuzione fluida del movimento, non ‘spezzata’ o brusca. I nostri muscoli hanno bisogno di crescere gradualmente, così come la forza.

Meglio caricare meno ma usare al massimo i muscoli target, quelli per cui stiamo eseguendo quello specifico esercizio, invece di eccedere e usare muscoli superflui che se ne starebbero tranquillamente ‘rilassati’.

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