Disco Intervertebrale: Anatomia e Biomeccanica

Il disco intervertebrale è una giunzione fibrocartilaginea che connette due vertebre adiacenti. Comprende due sotto-strutture concentriche, esternamente, l'anello fibroso che circonda al suo interno il nucleo polposo.

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Il disco intervertebrale è una giunzione fibrocartilaginea che connette due vertebre adiacenti. Comprende due sotto-strutture concentriche, esternamente, l’anulus fibrosus che circonda al suo interno il nucleo polposo e una struttura rappresentata dall’endplate, che è la barriera cartilaginea che separa le vertebre dal disco. Quest’ultimo è costituito da una massa gelatinosa sferoidale, di colore giallo ed è formato per circa l’88% da acqua. La sua funzione è quella di assorbire e ridistribuire in modo uniforme alla periferia le sollecitazioni di carico evitando una spinta eccessiva all’anulus fibrosus, il quale potrebbe lacerarsi e formare un’ernia del disco.

Per approfondire: Colonna Vertebrale, Anatomia e Biomeccanica


L’anulus fibrosus ed il nucleo polposo

L’anello fibroso del disco è un tessuto elastico stratificato costituito da una matrice extracellulare arricchita da una serie di fibre proteiche (principalmente collagene di tipo II) disposte a zig-zag, dunque orientate non verticalmente. Nello specifico l’anello è composto esternamente da fibre di collagene di tipo I (detto di Sharpey), la parte centrale invece è composta di collagene di tipo II e di condrociti. Il nucleo polposo è un tessuto gelatinoso composto principalmente da acqua (circa 85% in volume nei soggetti giovani e in salute) e proteoglicani. Funge da cuscinetto capace di sopportare gli sforzi di compressione a cui è costantemente soggetta la colonna vertebrale, grazie alla pressione idrostatica che si produce al suo interno. Il nucleo si sposta durante i movimenti della colonna vertebrale e in tal modo rende possibile una certa inclinazione dei piani vertebrali che vengono tra loro in contatto.

disco intervertebrale
Disco intervertebrale con nucleo polposo ed anello fibroso

Altezza dei dischi intervertebrali

A livello cervicale l’altezza dei dischi è di 5–6 mm, più alto anteriormente, per formare la fisiologica curva cervicale in lordosi. A livello dorsale l’altezza dei dischi è di 3–6 mm, con spessore identico davanti e dietro. A livello lombare l’altezza dei dischi cresce, dall’alto verso il basso, da 10 mm a 15 mm e sono più alti nella parte anteriore per formare la lordosi lombare.

I dischi lombari sono quelli più sollecitati, a causa del maggior peso sopportato, e dunque soffrono maggiormente di fenomeni di degenerazione, con perdita di acqua nel nucleo e conseguente riduzione della capacità portante del disco. La causa primaria dei dolori di origine discale è infatti legata essenzialmente ai microtraumi ed ai fenomeni degenerativi che avvengono nei dischi intervertebrali per usura e invecchiamento.


Biomeccanica del disco intervertebrale

Il disco intervertebrale compone, con una serie di altri dischi, la colonna vertebrale detta anche rachide. Quest’ultima è una complessa struttura ossea, disco – legamentosa e muscolare che unisce in sé caratteristiche peculiari contrapposte come la Stabilità e la Mobilità. Sono due concetti che non troverebbero un comune denominatore, ma che invece nella colonna vertebrale coesistono. E ciò è reso possibile dalla sovrapposizione di elementi ossei (le vertebre) e strutture visco elastiche ( i dischi intervertebrali) amalgamati e controllati da legamenti e muscoli.

Nell’estensione del busto la vertebra sovrastante scivola leggermente indietro sulla sottostante provocando un aumento di pressione a livello della zona posteriore del disco intervertebrale; questo provoca un aumento di pressione del nucleo polposo del disco nel senso opposto a quello dell’estensione. La zona centrale del segmento vertebrale viene messa in compressione, le apofisi articolari tendono ad avvicinarsi fra loro.

Nella flessione del busto in avanti la vertebra sovrastante scivola leggermente in avanti sulla sottostante provocando un aumento di pressione a livello della zona anteriore dei dischi intervertebrali; questo provoca un aumento di pressione del nucleo polposo del disco nel senso opposto a quello della flessione. La zona centrale del segmento vertebrale viene messa in trazione, le apofisi articolari tendono ad allontanarsi tra di loro, i legamenti di questa zona frenano il movimento di flessione. La zona posteriore viene messa in trazione, le apofisi spinose si allontanano tra loro, i muscoli e i legamenti di questa zona frenano e guidano il movimento di flessione.

Nella lateroflessione del busto la vertebra sovrastante si inclina leggermente dalla parte della lateroflessione sulla vertebra sottostante provocando un aumento di pressione sul disco intervertebrale dalla parte della lateroflessione; questo provoca un aumento di pressione del nucleo polposo del disco dalla parte opposta alla lateroflessione.

Modello di disco intervertebrale

Per avere un’idea delle pressioni che subisce il rachide, su dispense di biomeccanica redatte da specialisti sono stati riportati i carichi agenti sui dischi lombari in relazione alle posture e ai movimenti che assumiamo ed eseguiamo ogni giorno. In particolare, questi sono rappresentati da venticinque chili in posizione supina, settantacinque chili in decubito laterale, cento chili in stazione eretta, centocinquanta chili partendo dalla stazione eretta e portando la testa in avanti, duecentoventi chili in stazione eretta con schiena flessa con bilanciere, centoquaranta chili in stazione seduta, centottantacinque chili in stazione seduta con mani portate alle caviglie, duecentosettantacinque chili in stazione seduta e con bilanciere fra le mani.

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