L’esercizio “Dip alle parallele” è un cardine degli esercizi a corpo libero e, nonostante un’esecuzione non semplicissima, risulta essere un ottimo modo per allenare e stimolare il pettorale.
I muscoli maggiormente coinvolti sono il grande pettorale, il piccolo pettorale, il tricipite brachiale e il deltoide anteriore. Sono attivi in misura minore anche gran dorsale, addominali e glutei.
Anatomia dei Dip alle parallele
Iniziamo questo capitolo con un breve cenno di anatomia funzionale.
Il grande pettorale è un muscolo composto da tre porzioni distinte: una porzione detta clavicolare, una sterno-costale e una addominale.
Origina dalla cartilagini costali 2-6, dal corpo dello sterno, e dalla porzione mediale e inferiore della clavicola. Si inserisce sull’omero.
Questo muscolo, insieme al gran dorsale, risulta essere il maggior intrarotatore dell’omero. Le altre funzioni del gran pettorale sono: flessione e adduzione dell’omero all’articolazione scapolo-omerale.
Il piccolo pettorale invece ha la funzione di portare in basso e in avanti la spalla, ruotare la scapola in modo che la cavità glenoidea si sposti inferiormente, e innalzare le coste se prende punto fisso sulla scapola.
Si origina sulle coste 3-5 o 2-4 e si inserisce nel processo coracoideo della scapola.
Esecuzione dei dip alle parallele
Gli errori più comuni nei Dip sono:
- anteporre la spalla in maniera eccessiva e quindi abdurre le scapole;
- elevare la scapola e la spalla;
- allargare o stringere eccessivamente i gomiti;
- compiere un movimento incompleto o esagerato nell’ampiezza;
- eseguire il movimento in maniera troppo veloce.
È un esercizio definito multiarticolare nel quale la spalla svolge un movimento di flessione mentre il gomito uno di estensione.
Per tutelare l’articolazione della spalla ed evitare problematiche di tipo articolare e muscolare, è opportuno svolgere l’esercizio mantenendo il corretto assetto scapolare, quindi con scapole depresse e addotte.
L’apertura dei gomiti varia da soggetto a soggetto in base alla propria mobilità articolare e va valutata prima di intraprendere l’esercizio sopra descritto. In generale, un’apertura di circa 45 gradi può essere assunta come linea guida.
Non è consigliabile scendere eccessivamente verso il basso; è sufficiente che l’omero sia parallelo al terreno per rendere efficace l’esercizio e proteggere la cuffia dei rotatori della spalla da tensioni ulteriori. Se si vuole aumentare il “range of motion” nei Dip, è opportuno allenare la mobilità della spalla prima di eseguire l’esercizio a ROM molto ampio.
Altro aspetto importante è evitare di “rimbalzare” alla fine della fase eccentrica; questo stratagemma da un lato può aiutare a vincere la fatica, dall’altro attiva con minore enfasi il muscolo agonista del movimento e aumenta il rischio di infortuni.
Eseguire un fermo di un secondo in posizione di massimo allungamento può ritenersi l’opzione migliore da preferire.
Non essendo un movimento naturale e generando uno stress considerevole, soprattutto sull’articolazione della spalla, alcune persone avvertono dei fastidi o dolori. Infatti, una delle problematiche principali di questo esercizio è la possibilità che la scapola vada in tilt anteriore aumentando considerevolmente il rischio infortunio.
Consiglio di inserire le Dip con cautela in una scheda di allenamento, dopo un’attenta valutazione, e di utilizzare questo esercizio con soggetti allenati, forti, con buona mobilità articolare, e solamente in alcuni periodi di allenamento.
Per quanto concerne l’attivazione muscolare, è possibile intensificare il lavoro sul pettorale o sul tricipite brachiale in base al tipo di posizione e movimento svolti.
Inclinando il busto in avanti durante l’esecuzione viene attivato maggiormente il pettorale, soprattutto la sua porzione sterno-costale.
Rimanendo il più possibile con il busto dritto si aumenta la tensione muscolare sul tricipite brachiale.
È importante inoltre attivare con anticipo tutto il distretto del “core” per avere una stabilizzazione efficace.
È inoltre possibile intensificare la difficoltà dell’esercizio legandosi una cintura alla vita appendendovi dei carichi o appoggiando una catena sul collo. Risulta essere un ottimo modo per allenare l’ipertrofia e la forza del gran pettorale.
Libro consigliato
- Stecchi, Alfredo (Author)