Box Jump: alleniamo la forza esplosiva!

Il box jump è un esercizio pliometrico che permette di allenare la forza esplosiva. È diventato più conosciuto negli ultimi anni grazie al crossfit. Vediamone i dettagli.

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Il Box Jump è un esercizio che, soprattutto grazie al CrossFit, negli ultimi anni ha riscosso molto successo all’interno delle palestre. 

Essendo un esercizio di carattere pliometrico, probabilmente il più famoso nell’immaginario collettivo insieme allo Squat Jump, da sempre fa parte dei programmi di preparazione atletica di diversi sport, soprattutto di quelli in cui è richiesta forza esplosivo-elastica ed esplosivo-elastica riflessa: vi sono diversi studi che confermerebbero l’utilità degli esercizi pliometrici, ed in particolare di esercizi di balzo sopra superfici rialzate, nell’allenamento della forza, dello sprint, quindi della velocità e dell’accelerazione, e del salto verticale.


Analisi biomeccanica del box jump

Concentrandosi sull’esecuzione del gesto si può affermare che il box jump richieda lo svolgimento di un balzo lineare, quindi sul piano sagittale, al di sopra di un box di legno o comunque una superfice stabile e rialzata che misuri dai 10 ai 60 cm da terra. I box o rialzi che superano i 70 cm generalmente sono utilizzati da atleti di alto livello. 

Vi è una fase iniziale di caricamento caratterizzata da una semi accosciata, dunque lo stacco ed una fase intermedia di volo ed infine vi è la fase di atterraggio. Se l’atleta non riesce ad atterrare in modo silenzioso sopra il box si può affermare che questo sia eccessivamente alto. 

Secondo il preparatore atletico esperto in allenamento pliometrico Jim Radcliffe la posizione di atterraggio sul box non dovrebbe mai essere più profonda di un mezzo squat, quindi dovrebbe essere simile all’accosciata di caricamento eseguita nella fase di stacco, ossia la fase iniziale.

La fase di caricamento, di accosciata iniziale prima del compimento del balzo, è di tipo eccentrico, poi vi è la fase di stacco, di tipo concentrico, quindi di espressione di potenza, ed infine vi è la fase di atterraggio, svolta con entrambi i piedi, nuovamente di carattere eccentrico. 

Figura 1 – Il box jump su box alto e basso

Come si può notare dalla Figura 1 maggiore è l’altezza del box e maggiore sarà la profondità dell’accosciata di atterraggio. 

Il box jump richiede una flessione di anca, ginocchio e caviglia (flessione dorsale o estensione plantare) in fase di caricamento con successiva estensione di gamba, ginocchio e caviglia (estensione dorsale o flessione plantare) durante il balzo: per questo motivo i muscoli maggiormente attivati sono glutei, ischiocrurali, quadricipiti e gastrocnemi. In una versione a gamba singola saranno attivati maggiormente muscoli stabilizzatori quali adduttori ed abduttori.


Varianti del jump box

Le varianti più comuni includono balzi monopodalici e balzi laterali, quindi sul piano frontale. Di norma questi esercizi sono svolti su rialzi meno elevati e sono utilizzati soprattutto nei programmi di riabilitazione e di ritorno alla pratica sportiva, per esempio dopo la rottura del legamento crociato anteriore o dopo distorsione di caviglia.


Ciclo di stiramento-accorciamento e fenomeno del contromovimento

Una volta ritornati a terra dal box, effettuando un balzo all’indietro, limitando al massimo il tempo di contatto col suolo quindi sfruttando l’energia potenziale accumulata prevalentemente a livello tendineo e l’attivazione dei fusi neuromuscolari è possibile esprimere un successivo balzo più elevato grazie allo sfruttamento del ciclo di stiramento-accorciamento. 

Questo fenomeno viene sfruttato soprattutto nell’esecuzione dell’esercizio Drop Jump ed a livello sportivo si può notare nel salto in contromovimento per esempio successivamente alla ricezione di un rimbalzo in attacco nel basket con immediato tiro a canestro oppure nella tecnica del muro nella pallavolo.

Il ciclo di stiramento-accorciamento non viene sempre sfruttato nell’esecuzione dell’esercizio in quanto, per esempio all’interno di un circuito di più esercizi, spesso si può anche scendere dal box con un piede alla volta, sfruttando dunque solo la fase concentrica dell’esercizio. Questo può avvenire per esempio durante l’allenamento della resistenza alla fatica dove quindi, a causa degli esercizi anaerobici protratti nel tempo con recuperi minimi o nulli, è difficile se non impossibile svolgere esercizi massimali e submassimali, di tipo alattacido, come appunto il box jump pliometrico


Inserimento del box jump nel programma di allenamento

Il box jump può essere sia inserito in un programma per l’allenamento della forza massimale ed esplosiva, quindi nella fase della periodizzazione dell’allenamento deputata al lavoro alattacido e lattacido se parliamo di preparazione atletica (di norma a distanza di mesi dalle competizioni principali), oppure in un programma di allenamento della potenza resistente, quindi mirato al lavoro lattacido e aerobico, generalmente più vicino alle competizioni. 

Pertanto, nel primo caso saranno utilizzati alte intensità (variando l’altezza del box oppure con l’aggiunta di sovraccarico) e bassi volumi con alti recuperi tra le serie; nel secondo invece volumi maggori e recuperi minori.


Conclusione

Si può concludere affermando che il box jump sia un esercizio di natura pliometrica utilizzabile in tutte le sue varianti nel migliorare diversi parametri quali forza, velocità e potenza. È importante selezionare al meglio l’altezza idonea del box in funzione del grado di allenamento. Sicuramente è necessario avere una buona base di forza muscolare, specialmente degli arti inferiori, prima di approcciarsi all’esercizio. 

Libri consigliati


Bibliografia 


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