Il ferro è un micronutriente che riveste un ruolo fondamentale nel running e nell’attività fisica in generale. La sua principale funzione è il trasporto dell’ossigeno; lo stato carenziale di ferro, in caso di anemia sideropenica, infatti è tristemente famoso tra i runners di ambo i sessi perché rende un’impresa eroica portare a termine anche solo pochi chilometri. L’atleta con anemia da carenza di ferro infatti “ha il fiatone” e riscontra cali di rendimento preoccupanti anche nel breve periodo.
Nel corpo di un individuo adulto sono presenti circa 3-5 gr di ferro così distribuiti (figura 1):
- Ferro emoglobinico (65%) (1)
- Ferro mioglobinico (10%)
- Ferro di deposito: ferritina, emosiderina (20%)
- Ferro di trasporto: transferrina (0.1%).
È un fatto noto che la vitamina C migliori l’assorbimento del ferro. Non tutti, invece sanno che il tè, il caffè e molti vegetali (quali per esempio i broccoli e gli spinaci) contengono rispettivamente tannini e fitati che interferiscono con l’assorbimento di questo micronutriente.
Spesso nelle runner è frequente osservare un apporto di ferro insufficiente rispetto alle coetanee sedentarie. L’utilizzo dei contraccettivi orali riduce le perdite ematiche di circa il 60% (1) e rappresenta, pertanto, un’opzione terapeutica per l’ipermenorrea (comunemente definita “flusso abbondante”) che è una frequente causa di anemia sideropenica nelle atlete, soprattutto se praticano sport di endurance.
Infatti i microtraumi generati dalla prolungata compressione muscolare su globuli rossi all’interno dei capillari e ripetuti a ciclo continuo nel gesto della corsa di endurance, portano, nel tempo, ad una condizione di carenza marziale.
Nondimeno, attraverso la sudorazione, vengono comunemente persi 0.2 mg di ferro con il primo litro di sudore e 0.13 nei litri successivi. Un atleta che pratica endurance arriva ad espellere, con tre litri di sudore, un quantitativo di ferro pari a circa 0.47 mg, ovvero il doppio rispetto ad un sedentario.
Una condizione di anemia sideropenica (v. sotto), inoltre, inficia inevitabilmente la performance a causa della riduzione la capacità di resistenza in allenamento e in gara. Tale calo del rendimento è dovuto a verosimilmente alla diminuzione e dei livelli di emoglobina e mioglobina (2).
Al fine di valutare la presenza di uno stato carenziale devono essere eseguiti sull’atleta gli esami ematici volti a valutare l’emocromo e l’assetto marziale (sideremia, ferritina, transferrina).
L’anemia dello sportivo
Occorre però distinguere la sola condizione di sideropenia dalla “vera” anemia da arenza di ferro dello sportivo.
La sideropenia (o carenza di ferro semplice) si può presentare a vari livelli:
- Prelatente: emoglobina, ferritina e transferrina normali; ferritina ridotta
- Latente: emoglobina normale, sideremia e ferritina ridotte, transferrina aumentata
- Manifesta: emoglobina, sideremia e transferrina diminuite, transferrina aumentata.
Quando si configura un quadro di anemia (dal greco ἀναιμία, anaimìa, «senza sangue»), invece, al quadro di sideropenia si affianca una riduzione dei valori ematici di emoglobina (3). Nonostante i valori normali possano variare da laboratorio a laboratorio, possiamo prendere come riferimento, in merito allo sportivo, i seguenti valori:
- Normalità: 13.5-18 g/dl per gli uomini, 11.5-16 g/dl nelle donne
- Insufficienza: < 16 g/dl negli uomini, < 14 g/dl nella donna
- Anemia dello sportivo: < 13.5 g/dl nell’uomo e < 11.5 g/dl nella donna
L’emoglobina e il volume cellulare medio risulteranno ridotti così come la sideremia e la ferritina.
L’apporto di ferro nell’atleta di sesso femminile
L’atleta di sesso femminile in età fertile dovrebbe introdurre, secondo i LARN (4), 18 mg di ferro al giorno contro i 10 mg raccomandati per gli uomini e le donne in menopausa.
Nelle donne in terapia estroprogestinica il fabbisogno giornaliero di ferro si riduce a 11 mg die (5, 6,7). Il medico dello sport e il ginecologo devono tuttavia tener presente che, durante l’assunzione di terapia estroprogestinica, la transferrina può risultare aumentata.
Pertanto è opportuno che il nutrizionista sportivo prescriva all’atleta in primis l’assunzione di un maggior apporto alimentare di ferro (sia nella forma “eme” attraverso prodotti carnei e ittici, sia in forma “non eme” ad esempio attraverso i legumi) associata ad un’eventuale terapia suppletiva (5), qualora i valori ematici di ferritina risultino al di sotto dei 12 mcg/l. Tuttavia, in accordo con il ginecologo, può essere opportuno abbinare anche una terapia estroprogestinica al fine di ridurre le perdite ematiche mestruali e di ottimizzare la supplementazione marziale per migliorare la performance sportiva.
La terapia supplettiva è infatti indicata solo in presenza di una reale carenza di ferro. Numerosi studi non hanno evidenziato alcun incremento della prestazione con l’integrazione di ferro negli atleti in assenza di uno stato carenziale (7-10). L’assunzione di ferro in caso di mancata necessità potrebbe portare all’incremento dei depositi di tale nutriente a livello epatico (emocromatosi), e splenico. Tale incremento, associato alla comparsa di mialgie, potrebbe inficiare negativamente la prestazione del runner (11-14). La supplementazione di ferro deve essere quindi riservata ad atleti che presentino, oltre a ridotti livelli di ferritina, anche valori di emoglobina compresi nella metà inferiore dell’intervallo di riferimento. Il controllo periodico degli esami ematici rimane quindi il modo migliore per valutare l’appropriatezza o meno dell’integrazione con ferro.
Bibliografia
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