Spesso, si tende a definire i campioni dello sport, atleti straordinari diversi da una persona comune. Sicuramente, le loro fenomenali abilità sono associate esclusivamente con il talento, il quale è indubbiamente dettato in parte dalla genetica. Il talento però, è composto da diversi ingredienti e uno di questi è la loro capacità di rispondere in maniera più efficace ai carichi allenanti rispetto a una persona normale. Questa capacità è detta allenabilità.
Per allenabilità si intende quindi, la capacità del singolo atleta di rispondere a degli stimoli specifici e adattarsi di conseguenza. Tra i fattori non modificabili che influenzano l’allenabilità, includiamo la genetica e l’età. Tra i fattori modificabili invece, si hanno lo stimolo di lavoro, il recupero, il carico progressivo, la programmazione di carico, la percezione della fatica e la mentalità.
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Genetica ed età: che ruolo giocano nell’allenabilità?
Per comprendere come la genetica influisca sull’allenabilità è necessario fare una breve introduzione sul fenotipo. I geni sono parti di molecole del DNA. Il genotipo è la combinazione di migliaia di geni, vale a dire il potenziale genetico di una persona. Ciò nonostante non tutti i geni sono espressi al massimo potenziale. Il fenotipo rappresenta l’insieme delle caratteristiche anatomiche, biochimiche, fisiologiche e comportamentali di una persona, quindi la sua morfologia. Per esempio, un fenotipo è il colore dei capelli, un determinato battito cardiaco a riposo e un livello massimo di consumo di ossigeno, e il proprio peso corporeo. I geni quindi influiscono sul fenotipo e sulla sua capacità di reazione a un cambio di ambiente. Tale capacità di reazione dipende dal proprio background genetico. Per ogni fenotipo particolare, ci sono diversi tipi di “responders”, poiché possono essere superiori, nella media, scarsi o addirittura non-responders. Questo spiegherebbe perché certe persone riescono a guadagnare o perdere peso rispetto ad altri individui.
I geni inoltre, svolgono un ruolo primario nella composizione di fibre muscolari (percentuale di fibre muscolari a contrazione rapida o lenta). Determinano anche, l’altezza, la lunghezza degli arti o del tronco di ogni singolo individuo. Al contrario, le misure della circonferenza corporea e del rapporto vita fianchi, la grandezza di un muscolo o la pressione sanguigna sono influenzate maggiormente da fattori esterni, come il livello di attività fisica e regime alimentare.
Per riassumere, possiamo affermare che la genetica gioca un grande ruolo nella composizione strutturale, ma l’efficienza funzionale dei vari sistemi, cardiovascolare o muscolare, ad esempio è influenzata da fattori esterni e da come i fenotipi si adattano agli stimoli allenanti e alla nutrizione.
Oltre alla genetica, anche l’età gioca un ruolo importante nell’allenabilità. Si è osservato nelle persone più anziane un decremento del 25% della capillarizzazione muscolare e dell’attività enzimatica mitocondriale. Una ridotta capacità ossidativa può portare ad un accumulo eccessivo di lattato e un aumento della richiesta di ossigeno. Anche i tempi di recupero dopo una sessione di allenamento si allungano, incontrando quindi la necessità di ridurre l’intensità dello sforzo e del volume allenante.
Fattori modificabili
Stimolo di lavoro, programmazione di carico e carico progressivo
Il carico progressivo, in inglese definito come overload è uno dei principi alla base dell’allenabilità. L’overload è uno stimolo maggiore a quello cui il corpo è sottoposto solitamente e che permetterà dei nuovi adattamenti. La progressione e programmazione di carico permetteranno di aumentare il carico di lavoro in maniera sistematica e graduale in un lasso di tempo più o meno lungo, senza incorrere in degli infortuni. È importante fornire al corpo stimoli sempre più grandi, per non perdere i progressi fatti. Quest’ultimo è chiamato principio della reversibilità o più semplicemente, usalo o perdilo!
Recupero
Il recupero è una componente importante dell’allenabilità, poiché permette il miglioramento delle proprie prestazioni fisiche. Durante la fase di recupero infatti, avvengono molti degli adattamenti dovuti agli stimoli allenanti. Il recupero è definito come l’abilità di ripetere o eccedere la propria performance in una particolare attività fisica. Il recupero porta a una normalizzazione delle funzioni fisiologiche, un ritorno all’omeostasi, un ripristino delle riserve di energia e degli enzimi energetici cellulari.
Ci sono tre tipi di recupero:
- Il recupero immediato; è il recupero che avviene tra una ripetizione e l’altra di un esercizio;
- Il recupero a breve termine; è il recupero tra le serie;
- Il recupero post allenamento; è il recupero tra le diverse sessioni di allenamento;
Il recupero tra le sessioni è importante, poiché senza di esso l’atleta rischierebbe di arrivare impreparato al prossimo allenamento.
La domanda che spesso ci si pone è: quanto recupero tra le sessioni di allenamento affinché ottenga i migliori risultati? Più grande è lo stress a cui è sottoposto il muscolo, maggiore sarà il tempo necessario per il recupero. Il recupero tra le sessioni è influenzato da diversi fattori, come la tipologia di allenamento e di esercizi (multiarticoloari o monoarticolari). Gli esercizi multiarticolari (stacco da terra, panca piana, trazioni etc.) richiedono più recupero rispetto a degli esercizi monoarticolari per via del reclutamento maggiore di unità motorie e della maggiore massa muscolare coinvolta.
Generalmente si consigliano 1-2 giorni di riposo tra le sessioni, ma questi potranno variare a seconda dei due fattori elencati prima. Integrare vitamina C ed E con la dieta, potrebbe avere un effetto positivo sul dolore muscolare post esercizio. È importante sottolineare che non si andrà ad eliminare le lesioni subite dal muscolo, ma si potranno minimizzare dolori e infiammazioni, migliorando quindi il recupero.
Percezione della fatica
La fatica è il fattore che non permette all’atleta di performare in condizioni ottimali. La fatica può essere descritta come l’incapacità di mantenere una certa intensità durante l’esercizio o l’inabilità di produrre un certo quantitativo di potenza. Ci sono due tipi di fatica: periferica e centrale. La fatica periferica è spesso descritta come un impedimento all’interno del muscolo attivo. Le proteine contrattili del muscolo non rispondono alla stimolazione neurale. L’esaurimento del glicogeno muscolare è considerato una delle cause principali della fatica periferica.
La fatica centrale ha a che fare con i collegamenti neurali tra cervello e spina dorsale. Si pensa che questi segnali che il cervello invia per interrompere momentaneamente o cessare del tutto l’allenamento, siano un meccanismo protettivo per prevenire eccessivi danni al muscolo.
È fondamentale quindi saper ascoltare il proprio corpo, al fine di evitare spiacevoli infortuni.
Mindset
La mentalità è ciò che avviene nella mente di una persona e può determinare il suo comportamento nei confronti di qualcosa. Quando si parla di allenamento è molto probabile, che si perda il desiderio di allenarsi poiché magari non si notano progressi in maniera evidente, così come si faceva prima. Infatti, i progressi rallentano man mano che si diventa più esperti e allenati e ciò porta ad una perdita di fiducia. È importante quindi, cercare sempre nuove sfide, variando la tipologia di allenamento ad esempio, superando gli ostacoli, affrontando le difficoltà durante il percorso di crescita.
Libro consigliato
Bibliografia
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